venerdì 27 marzo 2015

Il ritorno a La Capinera

Profumo di mare, profumo di ricordi, profumo ed essenza di amore profuso.
Arrivo a Taormina in compagnia di un sentimento ritrovato e mi sento a casa, a quella che è stata la mia casa nel lontano luglio del 2009.
Le acque, come il ventre materno, vorrebbero richiamarmi a sé: mi lascio inebriare dai profumi diffusi nell'aria ed entro.
Entro nella memoria, entro in una realtà che mi è appartenuta, ma stavolta la voglio vivere da coccolata e non da coccolante.
L'accoglienza è la stessa di sempre: un bacio, un abbraccio, qualche sguardo rubato al passato... casa!

La tavola è diversa, la mise en place all'avanguardia, i camerieri sono nuovi, i cuochi sono nuovi, tranne uno, ma i fratelli D'Agostino, Cinzia e Pietro, sono sempre là e sanno come farmi accomodare per vivere il sogno.


Il mio viaggio nella memoria parte da una crema di zucca con una quenelle di formaggio, sulla quale affondo il cucchiaio, una boccata dietro l'altra e mi rendo conto che l'ho finito troppo presto: era l'inizio, soltanto l'inizio e già ritrovavo il piacere del ricongiungimento col mare.
L'antipasto a seguire riempie la mente e il cuore oltre che la mia bocca: un baccalà con pomodoro e patata su crema di lattuga. Una gioia di colori e sapori da rivivere in ogni secondo. Questa volta lo consumo lentamente... voglio provare piacere e fissarlo nella mia testa per sempre.

Un bicchiere di vino, una chiacchiera, ancora uno scambio di sguardi e di ricordi. Ricomincio a sentire il profumo del mare ed è la mia pasta al sugo di scampi e pesce.
Niente food porn, niente fronzoli, niente baggianate che vogliono colpire: La Capinera non ha bisogno di tutto questo, perché la sua essenza, il suo prodigio sta tutto nei sapori, non nelle presentazioni da Masterchef.
Una porzione abbondante, goduriosa: pacchero dopo pacchero ritrovi Taormina, ti immergi nella sua aria, ti confondi con essa.

Ma l'amore è qualcosa che cresce, si espande, ti dà dolore e gioia. Il mio amore a questo punto è immenso, è espresso nella sua massima dimensione.                      
Un sogno... ancora un sogno... chiudo gli occhi e mi ritrovo con un dentice a nuotare sott'acqua, a giocare con lui, a rincorrerci nella profondità del mare.
Il mio sogno si esaurisce in bocca: apro gli occhi ed è già dentro di me.
Un dentice cotto su pietra di mare, accompagnato da chips di seppia fritta in polenta e con le cremine ad esaltarne il sapore.
Quel dentice è il riassunto de La Capinera. Il ricordo di Pietro, al mattino, ad aspettare il pesce appena pescato la stessa notte e poi la cura, la dedizione, il rispetto per quell'animale morto per sfamarci: soltanto lui lo può toccare, soltanto lui lo può pulire. E lo accarezza, si lascia sedurre, lo porziona come se stesse sfiorando il corpo di una donna.
Queste emozioni le trasmette ai suoi piatti che arrivano a far vibrare come corda di violino e vorresti che questa sensazione non finisse mai.


Il gioco continua tra sapore e piacere col dolce, che non ho però fotografato: il desiderio di averlo solo per me, di ricordarlo soltanto nella memoria senza fissarlo per voi, ha preso il sopravvento sulla necessità di documentare il momento.
Ancora un sorso di vino, di grappa, di liquore e poi i saluti, le chiacchiere, gli abbracci.
Un sogno terminato, un viaggio completato: il ritorno a casa ma soltanto per poco, perché Pietro e Cinzia mi rivedranno molto presto, perché fanno parte di me.
Grazie.





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