giovedì 4 marzo 2010

Il lampredotto (ma la differenza la fa il trippaio)



Se provate a chiedere a Luca Cai, trippaio di Firenze, cosa è il lampredotto, vi risponderà il fratello piccolo del coccodrillo!

Ma cosa è in realtà il lampredotto?

Il suo nome proviene dalla Lampreda, un parassita simile all’anguilla che abita fiumi e mari, ma col pesce non c’entra nulla, visto che si tratta di uno degli stomaci dei bovini, il quarto stomaco, ovvero l’abomaso. Nei ruminanti, infatti, la digestione è differente rispetto a quella umana: oltre ad avere un intestino più lungo, vi sono 4 stomaci necessari alla digestione, l’omaso, il ruminante, il reticolo e l’abomaso.

Mentre gli altri 3 sono abbastanza diffusi e consumati in tutta Italia (conosciuti con nomi differenti secondo la località in cui si gustano), l’abomaso o lampredotto è tipico di Firenze e appartiene alla storia della città tanto quanto Palazzo della Signoria o il museo degli Uffizi.

È composto da due parti: la gala, caratterizzata da piccole creste e molto magra, e la spannocchia, più grassa (ma va pulita) e, inaspettatamente, dal sapore molto delicato.

Non si può, dunque, andare a Firenze, senza provare un panino del Trippaio, o, meglio, del Lampredottaio e vedere questo personaggio all’opera.
Preparare il panino, infatti, potrebbe sembrare semplice, ma il rituale fa molto la differenza.

Questa settimana abbiamo provato a realizzarlo a casa, ma si riconferma la difficoltà effettiva di preparare il panino perfetto, con il giusto gusto del sughetto e della salsa verde.

Il pane ideale deve essere senza sale: ok per la rosetta o, in extremis, la michetta, ma l’ideale sarebbe il semelle (o passerina), un piccolo panino tondo con la superficie non liscia e omogenea, ma con un solco. / C’avev’un solco nel mezzo. Er’un semelle. L’era un tondino… però sopra, ‘nvece d’èsse bellino, tutto pari tondo, a regola gni davano una botta e diventava… noi la si chiama anche la… la passerina (da http://www.accademiadellacrusca.it/semelle.shtml)

Una volta tagliato il pane, nella parte inferiore, privata della mollica in eccesso, vengono collocati due pezzi di lampredotto (uno dalla gala e l’altro dalla spannocchia), definiti al coltello direttamente sul panino, un paio di cucchiai di salsa verde, qualche goccia di olio santo (olio ai peperoncini) e il trippaio ti chiederà se si vuole “pucciare” la calotta superiore nel brodo. Impossibile rifiutare: lasciatevi sedurre.

Un ultimo giro nella carta apposita in formato A4 e via a mangiarlo (e sbrodolarvi) sulla scalinata della Chiesa di San Lorenzo.

Ma l’importanza di questo “cibo di strada” consolidato nella tradizione fiorentina da secoli, ha varcato le soglie di Firenze e viene richiesto nelle manifestazioni dedicate proprio al cibo da passeggio, che, negli ultimi anni si stanno diffondendo in Italia e all’Estero. Per cui non è raro trovare delle Stragusto (come quella di Trapani, svoltasi a fine luglio scorso) o la festa del cibo di strada a Cesena (fine settembre), così come tante altre, con un angolo dedicato al Trippaio e al panino con lampredotto.
Nota alla ricetta: ogni trippaio ha la propria ricetta che resta unica e irriproducibile anche utilizzando gli stessi identici ingredienti. Questa, quindi, è più un canovaccio da seguire, ma senza la pretesa di essere la ricetta *vera*, proprio perché ognuno potrà conoscerne una diversa e sicuramente l’una meglio dell’altra.

Ingredienti
1 lampredotto (circa 700-800 g)
2 cipolle
3-4 carote
3-4 coste di sedano
2 o 3 cucchiai di pomodoro concentrato
Basilico e prezzemolo a piacere
Sale e pepe
3 chiodi di garofano a piacere

Per la salsa verde (dosi indicative da pestare assieme)
1 mazzo di prezzemolo
2 spicchi di aglio
un quarto di cipolla
un quarto di sedano
un quarto di carota
1 pugnetto di capperi
2 acciughe
1 pane bagnato in acqua e aceto (e strizzato)
Olio extravergine d’oliva toscano abbondante a piacere
Sale e pepe


Qui di sotto le foto della Stragusto di Trapani, con me, la mia adorata seconda chef Manuela Di Salvo e il maestro trippaio Luca Cai, che ci ha indirizzate all'arte ^_^








12 commenti:

  1. Che facce che avevamo ahahahah
    Ma dovevi proprio mettere la foto con la mia faccia e la scritta: lo Chef propone... Alla "Puttanesca" AHAHAHAH
    Manu

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  2. Ahahaha, dai! che ricordi! la mia seconda!
    dovevo metterla per forza... questa foto è fondamentale per dare enfasi all'articolo ;)

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  3. GRAZIE CINZIA
    E BELLISSIMO
    CIAO MANU COME CI SIAMO DIVERTITI A TRAPANI

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  4. Il maestro è qui!
    Luca grazie a te.
    Quei giorni a Trapani sono stati davvero divertentissimi oltre che istruttivi.
    Speriamo che si ripetano presto!

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  5. Bellissimoa la lezione di trippa !!!!! Ma qualche indirizzo serio a Firenze? Chiediamo al mastro trippaio?
    Baci
    Fabrizio

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  6. Ciao Fabrizio!
    A me piace moltissimo come lo fa Luca.
    Ma tu devi vederlo proprio mentre lo prepara!
    Se vai da lui, non fermarti solo al panino... prova anche il sushi di lampredotto ;)

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  7. Ooops non avevo visto il link con la tripperia ... allora si va da Luca !!!!
    ;o)
    Fabrizio

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  8. Veramente golosissimo... mi permetto di aggiungere il pane pita tra i panini che possono essere farciti ottimamente con la lampreda.

    Saluti, Stefano.

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  9. grazie zucchino! accetto anche il tuo consiglio (io il lampredotto lo mangerei in tutti i modi!)
    hai un blog? ti va di farmelo conoscere?

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  10. Il Lampredotto è la storia di un riscatto: da piatto povero simbolo della cultura popolare (come si illustra da questa parte http://www.paninodautore.it/?p=1157 ) arriva ad essere consigliato, in america, dalla rivista Forbes, dedicata a uomini d'affari e facoltosi della upper class ( http://www.forbes.com/2010/05/11/travel-food-dining-forbes-woman-time-local-cuisine.html ).

    A chi non mangia il lampredotto,
    gli seccasse tutto l'orto...

    diceva il poeta :)
    Bell'articolo, complimenti e saluti
    Sergione

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  11. Grazie Sergione e piacere di conoscerti :D

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  12. mi accorgo solo adesso che Sergione mi aveva fornito a giugno del 2010 la prova che la Negroni ha usato la mia foto per il proprio articolo. Devo dire che, per quanto mi dia fastidio che non abbiano citato la fonte da cui hanno preso la foto, mi rende orgogliosa che, tra tutte quelle che ci sono sul web, abbiano scelto proprio la mia. Ora mi aspetto una risposta alla mia esplicita richiesta di citarmi nel loro articolo.
    Staremo a vedere

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