sabato 20 marzo 2010

Auguri in ritardo a tutti i papà e ai Giuseppe e Giuseppina!


Con un giorno di ritardo ma giustificata da un'influenza improvvisa che è passata dai figli a me e che mi ha vista cadavere da un momento all'altro.
Ieri è stato il 19 marzo: per gli Italiani, è la festa del papà.
Ma non in tutti i Paesi del mondo è questo il giorno della festa, anzi... ogni mese dell'anno ha un paese che festeggia i papà.
Noi italiani identifichiamo questa festa con il giorno di San Giuseppe, il padre putativo di Gesù.
L'idea, però, viene dagli Stati Uniti, dove una donna, a inizio secolo, si è indignata perché già esisteva la festa della mamma, ma non quella del papà e scelse il giorno del compleanno di suo padre per festeggiarlo.
In Sicilia, si preparano le sfince: una specie di pate a choux che si frigge a temperatura non troppo alta nello strutto finché la pallina non si gonfia e gonfia e gonfia sempre di più.
La dedico ai papà e al mio papà, col quale vivo un rapporto fatto di alti e bassi, ma solo perché ci vogliamo troppo bene.

Ingredienti per la pate a choux:
250 g di acqua
55 g di strutto
6 uova
250 g di farina 00
un pizzico di sale
un pizzico di bicarbonato

per la crema di ricotta:
1 kg di ricotta di pecora
300 g di zucchero a velo
la scorza grattugiata di un'arancia
ciliegine
polvere di pistacchio

La sera prima, mettere a sgocciolare per bene la ricotta.
In un tegame, far bollire l'acqua, lo strutto e il sale.
Versare a pioggia la farina e mescolare fuori dal fuoco.
Quando la pasta sarà ben amalgamata, aggiungere uno alla volta l'uovo e rimettere sul fuoco fin quando non inizierà a sfrigolare e staccarsi dalle pareti.
Aggiungere infine il bicarbonato.
Togliere dal fuoco e lasciar riposare l'impasto.
Nel frattempo, prendere la ricotta e aggiungere lentamente lo zucchero e mescolare vigorosamente, cercando di rendere la crema più liscia possibile.
Aggiungere la scorza grattugiata fine dell'arancia.
In un pentolino, mettere circa 400 g di strutto e far fondere.
Portare a temperatura e versare una pallina di pasta.
Girare continuamente con un cucchiaio per permettere alla palla di gonfiarsi uniformemente.
Prelevare quando si sarà aperta per bene e porre su carta assorbente ad asciugare (se la temperatura è corretta, non dovrebbe aver assorbito strutto).
Quando le palle saranno raffreddate, spalmare la crema di ricotta, decorare con polvere di pistacchio e decorare con una ciliegina.

lunedì 15 marzo 2010

Strangozzi al pesto di pistacchio e gamberi

Il mondo corre veloce.
La vita di tutti i giorni è frenetica, quasi ossessiva nella ricerca della perfezione nel porsi e per la scarsa attenzione all'essere.
Sognare sembra quasi una colpa, perché tutto (e tutti) ti ricordano che devi fare questo o quello, che devi raggiungere l'obiettivo.
E questo obiettivo spesso non è il tuo, ma quello di qualcun altro.

E allora, a pranzo, via di panino (o di quel che capita) per essere puntuale alla riunione delle 14.00 (ma perché proprio alle 14 e non alle 15? Gli altri non vanno a mangiare?).
E magari, visto che il destino (nelle vesti di capo - cliente - superiore) è beffardo, c'è pure la riunione delle 17.30 o il cliente delle 19.30 (e non sa che per tornare a casa dovrai percorrere chissà quanti km di tangenziale in coda come tutti gli altri o dovrai cambiare tre mezzi di trasporto).
Così, di sicuro, quella sera, la cena (sempre se si avrà voglia di prepararla e consumarla), non si svolgerà prima delle 21 o delle 22, giusto in tempo per chiudere la giornata, schiantandosi sul cuscino.

Insomma: poco tempo!
Sì perché tutto è una questione di tempo.

Ma ascoltate.. almeno una volta al giorno (anche solo un giorno alla settimana), amatevi un po'.
Non c'è bisogno di perdere ore ai fornelli per potersi coccolare a tavola, quindi non c'è nemmeno bisogno di digiunare o di ricorrere ai torcibudella dei junk food.
Basta un minimo di organizzazione.
Come? Cercherò di spiegarlo nella ricetta che segue; una ricetta che richiede circa 15-20 minuti, pochi ingredienti, tanto gusto.

Strangozzi al pesto di pistacchio e gamberi

Ingredienti
6 gamberoni (anche surgelati)
6 pomodorini pachino
200 g di pesto di pistacchi (se vorrete farlo voi, semplicemente pistacchi di bronte, olio evo nocellara del belice, un pizzico di sale. Preparatelo quando avrete tempo e voglia, perché si conserva a lungo)
2 spicchi di aglio
250 g di strangozzi (ma vanno bene gli spaghetti, i vermicelli, le linguine, le chitarre)
mezzo peperoncino
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva dal gusto poco invasivo

Preparazione
Accendere il fornello grande e mettere su la pentola con tanta acqua.
Mentre si attende che l'acqua inizi a bollire, se i gamberi non sono freschi, ma congelati, via di 3 minuti in microonde modalità defrost (non inorridite, ricordatevi che abbiamo fretta! Ma se riuscite a programmarlo per tempo, rispettate la catena del freddo).
Staccare la testa e il carapace dal gambero, conservate tutto e tagliate a cubetti la polpa, eliminando, con uno stuzzicadenti, il filo nero (non lagnatevi: sono solo 6 gamberi!)
Prendere una padella medio-grande, versare l'olio e far rosolare l'aglio schiacciato.
Eliminare appena prende colore e aggiungere mezzo peperoncino e teste e gusci del gambero.
Far colorire i carapaci come se ci fossero i gamberi dentro e schiacciare le teste.
Con l'aiuto delle pinze, eliminare tutti i resti di gambero, abbassare la fiamma al minimo e mettere i tocchetti di gambero.
Aggiungere il pesto di pistacchi di Bronte, qualche mestolo di acqua della pasta (che nel frattempo avrete già messo a cuocere) e, per finire, i pomodorini tagliati a pezzettini (se avete proprio fretta, va bene anche in 4).
Scolare con le pinze, la pasta al dente, mantenendo ancora un po' di liquido di cottura, da aggiungere al sughetto per renderlo più cremoso.
Amalgamare e servire.

Quindici, venti minuti, non di più per avere un piatto corroborante, da ristorante, semplicemente sfruttando qualche scorciatoia da scuola di sopravvivenza.

Nota. Gli strangozzi sono noti anche come strozzapreti. E' un formato tipico umbro e deve il suo nome alle stringhe delle scarpe, con le quali gli anticlericali strangolavano i preti.

martedì 9 marzo 2010

La cucina degli avanzi


Sera d’inverno, frigo stracolmo di cibo da eliminare, tutti piccoli pezzetti di residue di cene precedenti…
Che farne?
La soluzione più semplice sarebbe mangiarli così come sono, ma magari, a solo, non riuscirebbero a sfamare una famiglia.

In questi casi, meglio tenere sempre in freezer qualche sfoglia (anche industriale, visto che ne vendono anche di buona fattura) e improvvisare una torta salata dell’ultima ora, riacciuffando dal fondo del cassetto salumi e formaggi quei tocchetti dimenticati da mesi… Una piccola rifilatura dei bordi un po’ ingialliti o rinsecchiti… qualche ciuffo degli spinaci cotti due giorni prima o quel tocchetto di salsiccia che domenica proprio non voleva più nessuno ed ecco servita la cena per 4-6 persone.

Gli escamotage sono innumerevoli e la tradizione ci può venire in aiuto.
Anche una pastasciutta con quel bicchiere di salsa di pomodoro o il concassè avanzato, con l’aggiunta di uno spicchio d’aglio, qualche oliva (tre-quattro: che ci fai?), una manciata di pinoli, un paio di acciughe ed ecco un altro piatto dell’ultimo momento.

Capita pure che si ordina al cinese una cena giapponese (lo so, non si fa, ma ogni tanto…) e si specifica: “mi raccomando, tutto ma NON il sashimi) e ti viene recapitato un bel pacco stracolmo di salmone e tonno crudi, che guardi con sospetto, accompagnati da zenzero e salsa watabi. Ma proprio il crudo non era in sintonia con la cena agognata e i tocchetti di pesce sono già tagliati, nemmeno li puoi cuocere. E allora?
E allora, l’indomani sera ci salta fuori un piatto di pasta dal sapore mediterraneo senza alcuna pretesa, ma dal sapore eccellente.

Ma può anche essere avanzato un pezzo di carne dal bollito e quello, inevitabilmente, può diventare un bel secondo in versione polpetta colorato del verde di un pugnetto di spinaci.

In onore della cucina degli avanzi, proponiamo tre ricette classiche: un primo, un secondo e un contorno, da utilizzare quando si vuole (anche per ospiti inattesi), per non buttare via nulla, sfruttando quel poco che c’è in frigo e di cui non si sa cosa farne.

Vermicelli al sugo di tonno

Ingredienti per 4 persone
Circa 200 g di tonno avanzato dal sashimi non richiesto
300 g di vermicelli
Un barattolo di pomodori pelati
Un cucchiaio di capperi sottosale di cui non sai che farne
Lo zenzero consegnato insieme al sashimi
Un pizzico di pasta wasabi (sempre dato insieme al sashimi)
Un pugno di nocciole tritate al momento
Un po’ di vino bianco avanzato (anche Martini dry se non c’è altro in casa)
Sale
Olio extravergine d’oliva dop nocellara del belice
Uno spicchio d’aglio
1 scalogno o cipolla

Preparazione
Ridurre in tocchetti il tonno.
Triturare le nocciole e tostarle in un padellino o in forno.
Tritare anche lo scalogno o la cipolla.
In una padella ampia, soffriggere l’aglio in camicia ed eliminarlo una volta colorito.
Stufare al suo posto la cipolla.
Unire i capperi e le nocciole.
Aggiungere quindi il tonno e lasciarlo rosolare.
Spruzzare con un po’ di vino e far evaporare.
Aggiungere il pomodoro, salare, sciogliere un pizzico di wasabi e lo zenzero.
Lasciar cucinare per circa 15 minuti e aggiungere un po’ di acqua della cottura della pasta se necessario.
Saltare la pasta, scolata al dente e servire.


Spiedini di polpetta agli spinaci

Ingredienti per 4 persone
Il bollito avanzato qualche giorno prima (circa 300 g eliminato il grasso e l’osso)
300 g di spinaci già lessati e strizzati
30 g di pecorino al pepe
30 g di parmigiano reggiano
1 uovo
La mollica di 4 fette di pane in cassetta
Sale e pepe a piacere
Una cipolla
Gli spiedi di legno o di ferro
Pangrattato per la spolverata finale
Olio extravergine d’oliva

Preparazione
Tritare finemente la carne e gli spinaci.
Grattugiare i formaggi.
Sbriciolare la mollica.
In un ampio contenitore, dare un paio di colpi di minipimer per preparare la poltiglia e aggiungere l’uovo.
Aggiustare di sale e pepe.
Nel frattempo, tagliare in 4 la cipolla e sfogliarla.
Ricavare delle polpette e allungarle tra le mani, poi ripassarle nel pangrattato.
Infilzare la polpetta con lo spiedo e alternarle con una sfoglia di cipolla.
Porre gli spiedini in una teglia capiente, spruzzare di olio dal sapore non deciso, spolverizzare con alloro e infornare a 200° fino a doratura.


Patate al forno sabbiose

Ingredienti per 4 persone
250 g di patatine da forno
Un pugno di pangrattato tostato con un’acciuga, l’aglio e qualche pizzico di peperoncino (rigorosamente avanzato da un altro pranzo)
Sale
Olio evo pugliese

Preparazione
Tagliare in due o a tocchetti le patate da forno senza eliminare la buccia.
Metterle in padella e spruzzarle con olio extravergine d’oliva (consiglierei un pugliese).
Salarle e cospargerle del pangrattato insaporito.
Infornare a 200° per quindici minuti e poi passare sotto al grill fino a doratura.

giovedì 4 marzo 2010

Il lampredotto (ma la differenza la fa il trippaio)



Se provate a chiedere a Luca Cai, trippaio di Firenze, cosa è il lampredotto, vi risponderà il fratello piccolo del coccodrillo!

Ma cosa è in realtà il lampredotto?

Il suo nome proviene dalla Lampreda, un parassita simile all’anguilla che abita fiumi e mari, ma col pesce non c’entra nulla, visto che si tratta di uno degli stomaci dei bovini, il quarto stomaco, ovvero l’abomaso. Nei ruminanti, infatti, la digestione è differente rispetto a quella umana: oltre ad avere un intestino più lungo, vi sono 4 stomaci necessari alla digestione, l’omaso, il ruminante, il reticolo e l’abomaso.

Mentre gli altri 3 sono abbastanza diffusi e consumati in tutta Italia (conosciuti con nomi differenti secondo la località in cui si gustano), l’abomaso o lampredotto è tipico di Firenze e appartiene alla storia della città tanto quanto Palazzo della Signoria o il museo degli Uffizi.

È composto da due parti: la gala, caratterizzata da piccole creste e molto magra, e la spannocchia, più grassa (ma va pulita) e, inaspettatamente, dal sapore molto delicato.

Non si può, dunque, andare a Firenze, senza provare un panino del Trippaio, o, meglio, del Lampredottaio e vedere questo personaggio all’opera.
Preparare il panino, infatti, potrebbe sembrare semplice, ma il rituale fa molto la differenza.

Questa settimana abbiamo provato a realizzarlo a casa, ma si riconferma la difficoltà effettiva di preparare il panino perfetto, con il giusto gusto del sughetto e della salsa verde.

Il pane ideale deve essere senza sale: ok per la rosetta o, in extremis, la michetta, ma l’ideale sarebbe il semelle (o passerina), un piccolo panino tondo con la superficie non liscia e omogenea, ma con un solco. / C’avev’un solco nel mezzo. Er’un semelle. L’era un tondino… però sopra, ‘nvece d’èsse bellino, tutto pari tondo, a regola gni davano una botta e diventava… noi la si chiama anche la… la passerina (da http://www.accademiadellacrusca.it/semelle.shtml)

Una volta tagliato il pane, nella parte inferiore, privata della mollica in eccesso, vengono collocati due pezzi di lampredotto (uno dalla gala e l’altro dalla spannocchia), definiti al coltello direttamente sul panino, un paio di cucchiai di salsa verde, qualche goccia di olio santo (olio ai peperoncini) e il trippaio ti chiederà se si vuole “pucciare” la calotta superiore nel brodo. Impossibile rifiutare: lasciatevi sedurre.

Un ultimo giro nella carta apposita in formato A4 e via a mangiarlo (e sbrodolarvi) sulla scalinata della Chiesa di San Lorenzo.

Ma l’importanza di questo “cibo di strada” consolidato nella tradizione fiorentina da secoli, ha varcato le soglie di Firenze e viene richiesto nelle manifestazioni dedicate proprio al cibo da passeggio, che, negli ultimi anni si stanno diffondendo in Italia e all’Estero. Per cui non è raro trovare delle Stragusto (come quella di Trapani, svoltasi a fine luglio scorso) o la festa del cibo di strada a Cesena (fine settembre), così come tante altre, con un angolo dedicato al Trippaio e al panino con lampredotto.
Nota alla ricetta: ogni trippaio ha la propria ricetta che resta unica e irriproducibile anche utilizzando gli stessi identici ingredienti. Questa, quindi, è più un canovaccio da seguire, ma senza la pretesa di essere la ricetta *vera*, proprio perché ognuno potrà conoscerne una diversa e sicuramente l’una meglio dell’altra.

Ingredienti
1 lampredotto (circa 700-800 g)
2 cipolle
3-4 carote
3-4 coste di sedano
2 o 3 cucchiai di pomodoro concentrato
Basilico e prezzemolo a piacere
Sale e pepe
3 chiodi di garofano a piacere

Per la salsa verde (dosi indicative da pestare assieme)
1 mazzo di prezzemolo
2 spicchi di aglio
un quarto di cipolla
un quarto di sedano
un quarto di carota
1 pugnetto di capperi
2 acciughe
1 pane bagnato in acqua e aceto (e strizzato)
Olio extravergine d’oliva toscano abbondante a piacere
Sale e pepe


Qui di sotto le foto della Stragusto di Trapani, con me, la mia adorata seconda chef Manuela Di Salvo e il maestro trippaio Luca Cai, che ci ha indirizzate all'arte ^_^