venerdì 30 aprile 2010

Dejeuner sur l’herbe - Tre ricette per il rito del picnic




Nei ricordi di infanzia, quando mamma e papà avvisavano di star organizzando un escursione da qualche parte, non si poteva fare a meno dall’esultare per la contentezza.
E anche quei piccoli inconvenienti (gli insetti, il dimenticare sempre puntualmente qualcosa e persino la nuvola di Fantozzi) facevano parte del gioco.
Perché, comunque, fare il picnic era un momento familiare, di comunione, per rincorrere insieme la palla nel prato oppure per scoprire qualche segreto della Natura.

La storia del picnic nasce nel periodo medioevale: in Francia si parlava di pique-nique per intendere il momento di riunione tra gruppi di persone per bere assieme il vino. L’abitudine ben presto valicò i confini per giungere in Germania (picknick) e, ai primi del 900, in Inghilterra nasce la picnic society.
Solo nei primi anni del secondo dopoguerra, però, quest’abitudine giunge in Italia e diventa una vera e propria moda per passare una giornata lontani dalla città, dimenticando i tempi bui che avevano lasciato ferite profonde nel ricordo di tutti.
Alla fine degli anni ‘80, esattamente il 19 agosto 1989, il picnic paneuropeo ha segnato il primo passo verso il crollo del muro di Berlino: a Sopron, al confine austro-ungarico, per tre ore, fu consentito l’accesso in Ungheria agli abitanti dell’Est.

Il picnic perfetto è molto soggettivo: dipende dalle aspettative che si hanno sulla giornata.
Ad essere proprio pignoli, andrebbe, innanzitutto, scelto accuratamente il luogo: possibilmente è meglio evitare lunghe escursioni se non si ha intenzione di rimanere in tenda una notte, altrimenti, il picnic si ridurrebbe a tante ore di cammino e poche per fruire dell’aspetto godereccio della giornata (ma magari a qualcuno piace di più così). Quindi luoghi non troppo lontani dal posto in cui si è lasciata la macchina (altrimenti bisogna essere davvero ben allenati per non trasformare la gita fuori porta in un incubo – basti pensare alle escursioni in montagna, dove il tempo potrebbe cambiare velocemente, prima ancora di poter riuscire a tornare indietro in tempo per ripararsi). Ottima decisione se si porta con sé un k-way sia nel caso in cui si alzi il vento che in caso di pioggia.
Mai dimenticare l’apribottiglia se si è optato per una giornata un po’ alcolica e attenzione ad aprire le lattine con dentro liquidi gassati (non c’è bisogno di dire il perché).
Se il luogo del picnic è vicino a un fiume, le bevande potranno essere conservate (legate) sotto l’acqua corrente, per mantenersi fresche, ma sempre occhio: i fiumi possono essere imprevedibili, soprattutto nelle stagioni di passaggio; meglio non accamparsi troppo vicini e soprattutto non bere l’acqua di un fiume se si è a valle, perché tra la sorgente e il punto in cui la si sta bevendo, potrebbero esserci carcasse o feci di animali e l’acqua poter essere non potabile.
Per le posate, anche se costituisce un peso aggiuntivo, meglio scegliere quelle adatte al campeggio, da ripulire quando si torna a casa, idem per tutte le altre vettovaglie: l’immondizia abbandonata lungo il percorso rimane là e si rischia, senza rendersene conto, di deturpare un posto magnifico o costringere qualche altro escursionista a doversi accollare, al rientro, anche le immondizie lasciate da altri.
A questo proposito, va ricordato che ciò che si porta dietro all’andata, anche se vuoto, si riporta con sé al rientro! Quindi portare sempre dei sacchetti per raccogliere avanzi, bottiglie, plastica e tutto quello che può contaminare il territorio.
Immancabile il plaid da stendere sull’erba (anche per una pennichella dopo pranzo, se si ha quest’abitudine) e, se si sceglie un’area attrezzata, una tovaglia di carta per coprire eventuali tavoli di legno o pietra.

Nell’area attrezzata, si possono trovare anche dei barbecue dove poter arrostire carne: se la scelta è caduta su questa comoda soluzione, va considerato che è bene muoversi molto presto per poter essere certi di usufruire degli spazi messi a disposizione dal Comune/Demanio, altrimenti si rischia un viaggio a vuoto.
Un ultimo consiglio al quale si pensa poco in realtà visto che l’ultima cosa a cui si pensa in questi casi è ai disastri: portare sempre con sé antistaminico e bentelan da iniettare, perché non si sa mai ed è meglio quella siringhetta in più piuttosto che non averci pensato prima.

Sfoglia ripiena con asparigina

Sfoglia ripiena con asparigina

Per quanto riguarda il cibo, le soluzioni ovviamente sono infinite: se si è in tanti meglio distribuire il lavoro tra tutti, consigliando di portare ognuno qualcosa, di modo che, se ci sono particolari problemi alimentari, non si rischia di rimanere digiuni e per evitare di sovraccaricare solo una persona del gruppo. Lo stesso discorso vale per le bevande: ognuno porti almeno una bottiglia di acqua, per le altre bevande, a piacere.
Le ricette che propongo in questa occasione cercando di contentare tutti: una torta salata con sfoglia, al cui interno si trovano ricotta e asparagi, un piatto vegano (che tiene conto anche dei celiachi e di chi ha allergie ai derivati del latte) e infine un piatto tipico della tradizione palermitana, il piatto della festa per eccellenza, gli anelletti al forno (o “col forno” come dicono alcuni).


Sfoglia ripiena con asparagina

Ingredienti per una tortiera da 30 cm
350 g di pasta sfoglia
2 uova
80 g di pecorino grattugiato (ho usato un crotonese, quindi un pecorino fresco)
400 g di ricotta
Un mazzo di asparagina
Buccia grattugiata di un limone
50 g di pinoli
Sale e pepe a piacere

Procedimento
Eliminare la parte dura e cuocere l’asparagina in una pentola alta e stretta, dopo aver legato i gambi con lo spago, in cerchio, avendo cura di lasciare le punte fuori dall’acqua.
Una volta cotte, tagliare le punte e tenerle da parte.
Frullare i gambi assieme alla ricotta, al formaggio e alle uova, aggiustando di sale e pepe a piacere.
Aggiungere una parte dei pinoli all’impasto.
Stendere la sfoglia su carta forno bagnata e porla nella tortiera con i bordi della sfoglia che fuoriescono dal contorno.
Versare l’impasto dentro la torta e livellarlo.
Distribuire le punte di asparagina lungo tutto l’impasto, assieme ai pinoli e alla buccia di limone grattugiata.
Arricciare, dunque, i bordi della sfoglia in avanzo.
Spennellare con tuorlo d’uovo la sfoglia e infornare in forno statico già caldo a 190-200° fino a doratura (preferibilmente, porre nella parte bassa del forno).


Aneletti al forno

Aneletti al forno


Insalata di quinoa per 4 persone

Ingredienti
350 g di quinoa
10 asparagi
4 zucchinette
2 carote
1 cipollotto o una cipolla di tropea
I fiori delle zucchinette
100 g di fave sgranate (in caso di favismo, sostituire con piselli)
Un pugnetto di noci di macadamia o nocciole
Olio extravergine d’oliva
Sale e pepe rosa a piacere

Procedimento
Sbucciare le fave anche della pellicina.
Tagliare a fettine la cipolla, a rondelle le zucchine, a becco di flauto il gambo degli asparagi e le carote.
In una padella ampia, rosolare in due cucchiai di olio evo, tutte le verdure, comprese le favette, tenendo per ultimi i fiori di zucchina e le punte degli asparagi.
Scolare dall’olio e lasciar assorbire nella carta assorbente.
Nel frattempo, cuocere la quinoa in acqua pari al doppio del suo volume (quindi un bicchiere pieno di quinoa cruda=2 bicchieri di acqua).
Lasciar raffreddare la quinoa e poi condirla con le verdurine, compresi le punte di asparagi tagliate a listarelle e i fiori di zucchina tagliati a julienne e condire con olio, sale e pepe (se gradito anche il limone).


Anelletti al forno

Ingredienti per 4 persone
350 g di anelletti al forno
250 g di tritato di vitello
200 g di pisellini
7 dl di pomodoro passato
1/2 cipolla
1/2 carota
1 costa di sedano
1 po' di prezzemolo (secondo gusto)
1 po' di basilico (secondo gusto)
50 g di caciocavallo grattugiato
1 bicchiere di vino bianco secco
olio evo
burro 1 noce
pangrattato
zucchero
sale e pepe

Procedimento
Tritare per bene cipolla, carota, sedano e prezzemolo e farli stufare in un tegame con 4 cucchiai di olio e una noce di burro.
Aggiungere il tritato e lasciarlo rosolare, mescolando sempre.
Sfumare col vino.
Aggiungere i pisellini, poi la passata e aggiustare di sale, pepe, basilico e un po' di zucchero (un cucchiaino o poco piu').
Lasciar cuocere mescolando spesso, facendo attenzione che non si asciughi, aggiungendo acqua se necessario) per circa 40 minuti a fiamma moderata.
Nel frattempo, lessare la pasta e scolarla quasi cruda (in genere si richiede una cottura di 5 minuti contro i 13 richiesti in etichetta).
Condirla con il ragù + 1 cucchiaio di caciocavallo grattugiato.
Versarla in teglie monoporzioni o intere imburrate e cosparse di pangrattato (eliminando l'eccesso con un pennello).
Ricoprire la superficie con altro pangrattato e il resto del caciocavallo e infornare a 200° per 40 minuti.

giovedì 29 aprile 2010

Finalissime di Blogcafè: mancano due giorni!

In verità, ho detto tutto nel titolo, ma val la pena spendere due parole in più.
Innanzitutto per ringraziarvi: sì ringraziare tutti quelli che stanno credendo in me e in Mimmo Alba e ci hanno portati ad essere tra i tre finalisti della categoria "chef" a blogcafè, all'interno della manifestazione Squisito 2010.
Le percentuali di accesso al blog "Fiori di cappero", dopo la selezione a quest'evento, sono aumentate di molto e questo, sicuramente, ci riempe immensamente di gioia, perché, così, sicuramente, anche chi ancora non ci conosceva, ci ha conosciuti, ha iniziato a seguirci, a lasciare traccia del loro passaggio (pochi commenti però, peccato!).
Adesso, vorremmo chiedere l'ultimo sforzo a chi ci vuole bene, a chi ha voglia di vedere NOI vincitori di questa edizione.
Per votarci, bisogna collegarsi al sito di Squisito e registrarsi (sotto il logo, c'è la voce "crea nuovo account").
A questo punto, riceverete una mail con un link diretto alla votazione: cliccate su accedi e guardate a destra, sempre sotto al logo.
Trovate la categoria chef e lì il vostro amato "fiori di cappero" di Mimmo Alba.
Non possiamo far altro che ringraziarvi in anticipo e sperare di vincere.
Ma anche se non dovessimo arrivare primi, avremo già vinto, perché abbiamo saputo chi e quanti ci vogliono bene e sperano nella nostra vittoria e questo già è sufficiente per esultare, perché sicuramente siete tanti, tantissimi!

ps. chi lo avesse fatto nella prima fase, quella delle preselezioni, ora può rivotare, richiedendo la nuova password: il procedimento, per il resto rimane invariato. Comunque potete contattarmi per qualsiasi chiarimento o dubbio.

ps.2 in bocca al lupo a tutti i partecipanti!

lunedì 26 aprile 2010

Risotto con asparagi, fiori di zucchinetta e bottarga di muggine


Da alcuni giorni avevo acquistato 30 g di bottarga di Muggine senza sapere cosa farne.
La guardavo e riguardavo nel frigo, così chiara, così morbida... e non sapevo cosa farne!
Non volevo che venisse banalizzata e nemmeno seguire ricette già conosciute: volevo... che fosse mia.
Ed oggi, per caso, sbirciando per l'ennesima volta erano lì in fila: asparagi, bottarga e fiori di zucchinetta. Avevo infilato la spesa di fretta nel frigo e nel cestello delle verdure non avevo spazio ed ecco che il caso ha fatto il resto.
Presto presto a preparare il brodo al sapore di asparagi e via a pensare al risotto per la sera.
Non poteva non iniziare così.

Ingredienti
280-300 g di riso carnaroli
1 litro circa di brodo
1 mazzo di asparagi
10 fiori di zucchinetta
1 cipollotto
pepe bianco
30 g di burro
40 g di pecorino crotonese (o comunque un pecorino fresco)
qualche grammo di bottarga di muggine
1/2 bicchiere di bianco secco (io ho usato una ribolla gialla)
olio evo (ho utilizzato una dop, il Flaminio)

Procedimento

Cuocere gli asparagi dopo aver eliminato la parte più dura e lasciando fuori dall'acqua le punte.
Tagliare le punte e tenere da parte.
Frullare i gambi degli asparagi con una parte di brodo (solo per aiutare la formazione della crema) e il pecorino.
Far soffriggere il cipollotto tagliato molto fine.
Far sfregolare il riso e poi procedere come per qualsiasi risotto, sfumando col vino e aggiungendo il brodo fino a 5 minuti dalla fine della cottura del riso.
A questo punto, togliere dal fuoco il riso e mantecare col burro e la crema di asparagi.
Aggiungere le punte degli asparagi e i fiori di zucchina tagliati a julienne.
Una spolverata di pepe bianco e di muggine e servire.

martedì 20 aprile 2010

Cioccoriso con noci di macadamia, uvetta e sale alla vaniglia

Sabato scorso, sono stata invitata in una festa multietnica dove il protagonista era il riso.
Il riso per "sorriso", il riso che unisce culture diverse, il riso come conduttore di amicizia tra popoli.
Una bellissima associazione molto attiva e presente che aiuta donne in difficoltà.
Quella sera, ho avuto il piacere di assaggiare il riso preparato all'interno di un parco di Milano, proprio dentro Milano!
Il punto parco Cascina Battivacco e il progetto che sta portando avanti come "punto parco", rappresenta ciò che rimane di aperta campagna all'interno della stessa città, abbracciando un'area molto ampia (il progetto prevede di arrivare a 600 ettari di estensione e una produzione di 55mila piatti di riso al giorno), dove si potrà trovare anche un percorso Natura, il maneggio e altre attività. Facilmente raggiungibile in metropolitana e ben servita dagli altri mezzi pubblici.

Ma andiamo a noi!
A me è stato chiesto di portare dei dolci... non ho potuto fare foto, perché non ho portato con me la macchina fotografica, ma c'erano delle bellissime pastiere con ricotta e riso (al posto del grano), una torta di mars (e di questa forse potrò aggiungere una foto di qualche cubotto che mi è avanzato), una torta senese che ho mescolato come ricetta con quella bolognese, infine, ho voluto pensare ai vegani: sapete già che sono molto sensibile all'argomento, soprattutto quando si tratta di dolci, perché mi sembra che sia una categoria che viene sempre tralasciata e questo è male, perché è un'ampia realtà, con una bella etica, che possa piacere o no, nata dal rispetto verso gli animali e la natura tutta.
Così è nato questo dolcetto: un vero cioccoriso, che tende al salato, ma che lascia uno splendido retrogusto dolce.
La ricetta può essere variata cambiando le noci di macadamia con nocciole, noci, pinoli o altra frutta secca.

Ingredienti per un blocco di cioccoriso:

350 g di cioccolato extra fondente

20 g di burro di cacao

70 g di riso soffiato

circa 15 noci di macadamia

un po’ di uvetta ammollata (a vostro gusto: serve per dare un tocco dolce)

un cucchiaino di fior di sale alla vaniglia (in alternativa, aggiungere un po’ di stecca di vaniglia al fior di sale)

Procedimento

Sciogliere a bagnomaria il cioccolato e il burro di cacao e amalgamare bene.

Aggiungere il riso soffiato.

Poi le noci tagliate a metà, l’uvetta, infine insaporire col fior di sale.

Versare il composto in uno stampo ricoperto di carta forno o pellicola trasparente per facilitarne l'impiattamento.

Successo garantito!

Semplice no? ;)
e va benissimo anche per chi ha problemi di allergie al lattosio o alle proteine del latte, ma anche per i celiachi!

venerdì 9 aprile 2010

La storia del macco di fave





La storia che mi accingo a raccontarvi non è una storia d’amore, ma la storia di un gesto d’amore.

Avevo solo 23 anni, un marito, una figlia, un padre, una madre, due suoceri e un cognato, un’agenzia di viaggi troppo piccola e una casa troppo grande.
Sembravo un personaggio partorito dalla mente di Italo Svevo: tutti pretendevano qualcosa da me, ma nessuno si accorgeva di cosa io avessi bisogno e, soprattutto, non riuscivo a soddisfare nessuno, nonostante i miei numerosi sforzi.
Ventiquattrore erano diventate troppo poche e, per far felici tutti, riuscivo a dormire un paio, forse tre, ore a notte, ma per il quieto vivere si fa questo ed altro.

Un giorno, nell’agenzia di viaggi, entrò un mio amico accompagnato da un ragazzo: qualcosa mi spingeva verso di lui… Io dovevo sapere chi era. In qualche modo, riuscii a vendergli quello di cui aveva bisogno e conservai il suo numero di telefono. Non c’era stato molto tempo per conoscerci: l’indomani, lui partì per andare a lavorare come cuoco in un albergo di Santorini.
Dopo tre mesi, è tornato dalla Grecia.

Erano passati 26 giorni dall’ultima volta che avevo mangiato qualcosa e non se ne era accorto nessuno.
Ventisei giorni di digiuno assoluto, mai un crampo, mai un cedimento e nessuno vedeva che ero solo il fantasma di me stessa, con quei 39 kg appena.
Non so perché l’ho fatto, ma ho scelto lui per chiedergli aiuto.
Una sola telefonata, ad uno sconosciuto, dopo mesi di silenzio, solo per dirgli: “non mangio da quasi un mese”. La risposta all’altro capo del telefono è stata: “sei in agenzia? Sto arrivando”.

Mezz’ora dopo lui era lì, accanto a me. Mi ha presa per mano e mi ha portata dal nostro amico in comune: anche il fratello di questo ragazzo era appena tornato dalla Grecia e aveva portato con sé delle fave “dolcissime – continuava Marco – sto preparando un macco che sognerai anche di notte”.
Tutte quelle persone… attorno a me… sconosciuti che si prodigavano per farmi venire voglia di portare in bocca qualcosa: finalmente qualcuno si era accorto della mia esistenza…
Fabio, il mio angelo, ha immerso un cucchiaio nella minestra e lo ha portato su, vicino alla bocca, soffiando delicatamente, come farebbe la mamma per il proprio bambino. Poi si è rivolto verso di me e ha avvicinato il cucchiaio alla mia di bocca: l’ho aperta riconoscente, come se dovessi fare la comunione. Non mi importava più niente del resto, non mi importava più niente di chi attorno a me mi stava ignorando: finalmente qualcuno si era accorto della mia esistenza!
Da allora, il macco di fave è rimasto, per me, il simbolo del ritorno in vita, della gioia della convivialità, del bisogno di ricevere e dare affetto.

Macco di fave e finocchietto con rana pescatrice
(piatto unico)

Ingredienti per 4 persone
350 g di fave secche
1 mazzo di finocchietto selvatico
3 spicchi di aglio
1 peperoncino
10 cucchiai di olio extravergine d’oliva (possibilmente nocellara del Belice)
1 coda di rana pescatrice
50 g di farina 00
½ bicchiere di vino bianco secco (meglio se inzolia)
1 cucchiaio di olio per saltare il pesce
16 pomodorini confit

Per il macco di fave
12 ore prima di iniziare, mettere a bagno le fave in acqua e, se con buccia, eliminarla prima della cottura.
In un’ampia pentola, versare 3 cucchiai di olio, l’aglio in camicia e il peperoncino sminuzzato.
Far insaporire a fiamma media (l’aglio non deve bruciare) ed eliminare l’aglio.
Aggiungere il finocchietto, sgranato e tritato.
Aggiungere le fave e rosolare per qualche minuto.
Coprire con acqua e cuocere per almeno 30-40 minuti.
(Se necessario, versare altra acqua nel corso della cottura, che dovrà essere a fiamma bassa-media).
Una volta che le fave saranno cotte, dovrebbero risultare già frantumate, ma per ottenere una crema densa e vellutata, aggiungere ancora un po’ di olio evo e frullare col minipimer (per non esagerare con l’olio, ci si può aiutare anche con un po’ di acqua calda).
Regolare di sale, se necessario.

Per la rana pescatrice
Eliminare la pelle e l’osso centrale.
Sfilettare la rana e ricavarne tanti cubotti.
Passare il pesce nella farina ed eliminare l’eccesso aiutandosi con un colino a maglia metallica.
In una padella, versare un paio di cucchiai di olio e far rosolare il pesce fino a doratura.
Spruzzare di vino bianco e lasiare evaporare l’alcool.
Salare e pepare se necessario e a proprio gusto.
Tenere da parte in caldo fino al momento di servire.

Per i pomodorini confit (qualora non li si avesse già a disposizione):
Pulire i pomodorini e praticare un taglio nella parte bassa della pelle (non profondo).
Portare a bollore un pentolino con l’acqua e tuffarvi dentro i pomodorini.
Dopo 1-2 minuti tirarli via.
Lasciar raffreddare.
Eliminare la pelle e tagliare a metà per svuotarli dei semi e dell’acqua di coltura.
Porre le falde di pomodorino su una teglia da forno, spolverizzarli con sale, zucchero (un cucchiaino), pepe e timo.
Infornare a 120-130° per circa un’oretta (se non resistete e decidete di accellerare i tempi portando la temperatura a 140°-150°, considerate che dovete tenere gli occhi aperti perché il rischio di bruciarli è alto).

Definizione del piatto
In un piatto fondo, porre la crema di fave calda.
Al centro predisporre i cubotti di pesce.
Attorno i petali di pomodorino confit.
Definire con un filo d’olio extravergine d’oliva (ho usato il Lorenzo n.1)

venerdì 2 aprile 2010

Spiedini di tofu e seitan: omaggio a Leemann


Critico o criticone?
A guardare sul vocabolario, l’una parola è strettamente connessa all’altra, ma di fatto, nel linguaggio parlato, la seconda assume un significato riluttante.

Quando, un mese fa, il Corriere della Sera, nel suo Vivimilano, ha mosso delle “simpatiche” critiche (da criticone) non tanto al Joia, ristorante vegetariano, 1 stella Michelin, di Milano, quanto al suo patron, Pietro Leemann, il dubbio della confusione tra i due vocaboli è risultato stridente a molti.

Per chi non conoscesse Leemann, è un cuoco che ha iniziato la sua carriera da una charlotte, cucinata da un amico chef, in casa sua, quando ancora era piccino.

Da quel momento, la sua vita è stata incentrata sullo studio e la ricerca della cucina e, dopo una lunga gavetta tra i fornelli di Girardet e Marchesi, si è dedicato alla scelta vegetariana (scelta decisamente ardita in un territorio carnivoro qual è quello italiano).

La sua cucina, dunque, non dà possibilità a vie di mezzo: o la si ama o la si odia, i sentimenti tiepidi non gli appartengono.

La difficoltà maggiore sta nel comprenderne l’essenza, non tanto il gusto: chi si ferma soltanto ad assaggiare senza utilizzare tutti e cinque i sensi, commette un errore grandissimo. Infatti, gli studi condotti soprattutto in Oriente, dove Leemann ha lavorato a lungo, lo hanno portato a sfruttare non solo il palato e la vista, ma anche il tatto, l’udito e l’olfatto.

Carote con un cuore di mandorle camuffate da uova, polpette che rotolano come sassi sul piatto, ingredienti misteriosi (quanto semplici) che stupiscono e invitano alla riflessione, come i nomi delle sue portate.

Ma Leemann non è soltanto questo: accanto alla cucina del suo locale, c’è anche quella di casa, semplice e gustosa che crea per se e la sua famiglia, spesso al limite del veganesimo.

Ed è dalla cucina di casa di Leemann (un po’ rivisitata), che prendiamo oggi una ricetta da poter sfruttare in questa ultima giornata di digiuno quaresimale, quella del Venerdì santo. Un’idea veloce, ma non per questo meno appetitosa, che non vi farà sentire la mancanza della carne.

Spiedini di tofu e seitan su letto giallo
Ingredienti per 4 persone:
200 g di seitan
200 g di tofu
salvia e rosmarino
100 g di marinata di olio evo e aceto balsamico
100 g di salsa di soia
olio per friggere (lui consiglia quello di sesamo per questa ricetta)
500 g di fagiolini gialli
100 g di mais bio no ogm

Procedimento:

Lessare i fagiolini in abbondante acqua fredda e senza sale.
Scolare il mais dal liquido di conservazione.
Tagliare a cubetti il tofu e il seitan e friggerli per 5 minuti in olio.
Mettere a marinare il tofu nell’olio e aceto balsamico (io ho considerato 50 g di uno e 50 g dell’altro) e il seitan nella salsa di soia per circa 30 minuti.
Accendere il forno a 180°, scolare i tocchetti dalle marinate e infilzarli con spiedi piccoli alternando un cubetto di tofu e uno di seitan.
Disporre gli spiedini in una teglia da forno e ricoprirli con rosmarino e salvia sminuzzata.
Cuocere in forno per 5 minuti.
Nei piatti singoli, disporre una pista di fagiolini gialli e mais, conditi con quello che avanza dalla marinata del tofu e adagiarvi sopra gli spiedini.